Ingresso: Il costo dei biglietto è di € 5,00, con riduzione a € 3,00 per i gruppi di almeno 15-20 persone e di € 2,00 per i bambini dai 6 ai 13 anni.

Indirizzo: Via dei Musei, 52

Tel.: 085.8798140

Il Museo Capitolare fu fondato, su iniziativa di Mons. Raffaele Tini nel 1912.

L’edificio che ospita il museo, fu più volte rimaneggiato nel corso della sua storia. Il Monastero dei Benedettini sorto all’inizio (sec. XII) divenne più tardi (sec. XV) residenza dei canonici e poi (sec. XX) sede del Museo. L’ultima trasformazione radicale si ebbe negli anni ‘60 sotto la direzione del soprintendente Guglielmo Matthiae che ristrutturò tutto l’edificio demolendo e ricostruendo ex novo l’ala nord dello stesso. Vi furono sistemati più razionalmente tutti gli oggetti esposti, compresi gli armadi scolpiti da Carlo Riccione che, dopo la demolizione della sacrestia e del coro interno, furono ricostruiti e sistemati nei primi 2 locali del nuovo museo.
Un’ultima definitiva ristrutturazione, si é avuta nei primi mesi del 1994, quando, grazie alla Soprintendenza, alla Regione Abruzzo e alla Fondazione Tercas. Il Museo in questi ultimi anni si é arricchito di donazioni private come la raccolta di ceramiche di Vincenzo Bindi, donata dal figlio Dott. Gaetano e la raccolta di arte lignea di Tommaso Illuminati donata dagli eredi dello stesso.

LE SALE
All’interno due grandi reliquiari francescani del XVII sec. in legno, con reliquie che provengono dalle catacombe romane; tre portaceri lignei del XVI sec. di buona fattura; lungo le scale una discesa dello Spirito Santo fine XVI sec. e una serie di sei candelieri e croce in legno dorato con Cristo in argento.

Le sale n. 1 e 2 sono dedicate ai mobili da Sagrestia. Nel mezzo un inginocchiatoio, con simbolo francescano, intarsiato a legni vari del XVIII sec; una coppia di Angioletti con portacandele in legno dorato; tre busti reliquiari del XVII sec. raffiguranti S. Prospero, S. Colomba e S. Fedele in legno scolpito e dorato; due armadi e tre ante, in noce di Carlo Riccione tra cui S. Cecilia, S. Chiara e Vanità del potere. Un frammento di balaustra, in legno scolpito, del XVII secolo, raffigurante l’Annunciazione e un olio su tela, Coro interno dei canonici, di Giuseppe Verdecchia, artista locale.

La sala n. 3 è dedicata all’Arte Tessile sacra. Vi si trovano paramenti sacri: pianete, stole, piviali, mitrie del periodo barocco e rococò (sec. XVII e XVIII) in seta, velluto, broccato e damasco con filature in argento e oro. Da notare il tappeto rosso ricamato in argento donato nel 1732 al cardinale Troiano Acquaviva dalla regina d’Inghilterra. Presenti: una coppia di altarini La Maddalena e S. Giovanni, in legno scolpito ed olio su tela del XVIII sec. e una serie di 2 busti reliquiari: S. Maurizio, S. Diodato in legno scolpito e dorato del XVII sec. e una statua della Maddalena.

Nella sala n. 4 si trova la Pinacoteca. Entrando da sinistra: due tavole Natività e Flagellazione attribuite a Pedro de Aponte, pittore di Saragozza, che seguì il Re Ferdinando il Cattolico durante la sua visita a Napoli, ove dovette ottenere l’incarico per le dette tavole dal Duca d’Atri Andrea Matteo III d’Acquaviva.
La maestosità degli elementi architettonici fanno ritenere le due opere nell’alveo culturale bramantesco-mediterraneo, in un periodo 1500-07, quando il De Aponte aveva già avvertito l’importanza dell’apporto del Bramantino, il primo uomo nuovo di Lombardia. Al centro di esse una grande tavola Madonna col Bambino e Santi dei primi del 1500, opera vicina ai modi di Antonio Solario detto “lo Zingaro”; l’imponente statua di S. Antonio Abate in legno scolpito, dorato e dipinto del XVI sec.; trittico con nella predella 12 apostoli in legno scolpito, intagliato, policromato e dorato e le statue Madonna col bambino e i Santi Giovanni Battista e Biagio, di scuole veneto-friulane del sec. XVI; Polittico Madonna col bambino, S. Giovanni Battista, S. Pietro, S. Paolo, S. Giovanni Evangelista, in legno scolpito, intagliato, policromato e dorato della fine del 1400; Ancona lignea policromata di grande pregio: S. Giacomo e 18 formelle che rappresentano scene della vita del Santo, opera della prima metà del 1400 della bottega dei Moranzon, con una predella in basso attribuita a Iacobello del Fiore, con dodici figure di Santi e Sante; Olio su tela, copia da Lelio Orsi: Madonna della Ghiara del 1569, che richiama molto nei volumi e nelle forme Michelangelo; Scultura lignea, Madonna col bimbo, arte abruzzese, di elevato valore artistico del 1200: la Madonna viene rappresentata con tono popolaresco come una rustica matrona.

Nella sala n. 5, si trovano un Angelo Annunciante e Vergine Annunciata, olii su tela di un pittore napoletano. Sulla destra, due statue in legno scolpito del XVI sec. raffiguranti SS. Pietro e Paolo della fine del XVI sec, un olio su tela Madonna col bambino e i santi Benedetto e Bernardo attribuito a Francesco Allegrini, un’altra statua in legno scolpito della prima metà del XVII sec. S. Reparata protettrice di Atri. Una pala d’altare Resurrezione, olio su tela applicata su tavola della fine del XVI sec. Deposizione, olio su tela della seconda metà del XVI sec., di un pittore napoletano.

La sala n. 6 è sempre dedicata alla Pinacoteca, infatti, entrando sulla destra un tabernacolo dipinto, in legno intagliato del XVII sec. proveniente dalla chiesa di S. Domenico. In successione: La Vergine, S. Gioacchino, e S. Anna, olio su tela opera di un anonimo pittore fiorentino del primo ventennio del XVI sec., sensibile all’influenza di Raffaello, arricchita da una preziosa cornice d’epoca; S. Francesco e S. Leonardo attribuiti a Ippolito Borghese, pittore umbro attivo nel meridione d’Italia a partire dagli ultimi anni del sec. XVI; Sacra Famiglia e i Santi Ignazio da Loyola e Girolamo, olio su tela, di Geronimo Cenatempo, pittore napoletano, seguace di Luca Giordano. Madonna Immacolata con ai piedi dei puttini, statua in legno scolpito e dipinto, napoletano della fine del XVIII sec. Beato Francesco Ronci, olio su tela della Fine del XVIII sec. e la Cattura di Cristo, olio su tela del XVIII sec. copia di un’incisione di G.B. Pasqualini del 1621, desunta a sua volta dall’originale del Guercino, ora al Fitzwilliam Museum di Cambridge.

Nella sala n. 7, sulla destra, Diploma di Laurea di Francesco Antonio Saverio Grue, datato 1798, Al centro, in vetrine modulari, dalla particolare forma a capanna, sono esposti i 100 pezzi della raccolta Vincenzo Bindi costituiti da piatti, mattonelle, piastrelle, vasi, ecc. prevalentemente di Castelli, ma anche di altre scuole, rappresentanti pressoché l’intera storia della ceramica d’Abruzzo, dagli inizi del XVI sec. al XIX. Sulla destra in vetrine della stessa tipologia di quelle centrali, altre ceramiche di Castelli e di officine di ceramica popolare abruzzese, raccolte e conservate negli anni dai canonici del Capitolo Cattedrale. Sono presenti mattoni maiolicati che provengono dal soffitto di S. Donato in Castelli, opere dei Grue (Francesco, Carlantonio, Francesco Antonio Saverio, Anastasio, Liborio, Francesco Saverio e Niccolò Tommaso), dei Gentili (Carmine, Giacomo e Berardino).
Non mancano i Cappelletti: Nicola (1691-1767) e Fedele (1874-1920), Gernaldo Fuina e tante altre ceramiche di autori non determinati ed altre più recenti costituenti la cosidetta ceramica povera. Nel mezzo, solitaria, La Madonna col Bimbo maiolica bicolore, invetriata, attribuita a Luca della Robbia ed eseguita verso il 1470. In fondo due grandi vasi policromi di Francesco Saverio Grue (1720-1755) rappresentanti “Natività” e “Adorazione dei Magi” determinati ed altre più recenti costituenti la cosidetta ceramica povera. Nel mezzo, solitaria, La Madonna col Bimbo maiolica bicolore, invetriata, attribuita a Luca della Robbia ed eseguita verso il 1470.

Nella sala n. 8, in due vetrine, un Reliquario a Croce in argento sbalzato, cesellato, dorato, con smalti e niello del 1435 e la stupenda Croce in cristallo di Rocca, un lavoro di scuola veneziana della fine del XIII sec. proveniente dalla chiesa S. Francesco in Atri: un pezzo tra i più prestigiosi del Museo e tra i più ammirati sia nella Mostra dei Tesori dei Musei Diocesani Italiani a Roma nel 1986, che nella Mostra “Omaggio a S. Marco” tenutasi nell’Appartamento del Doge, Palazzo Ducale, a Venezia dall’ottobre 1994 all’aprile 1995. Di fronte alle due croci, in una grande vetrina, opere dei fratelli Ronci, orafi atriani, tra le quali spiccano il busto S. Reparata realizzato nel 1600 e un calice del 1602 di Valerio Ronci in argento cesellato e dorato. Sulla destra sei dipinti, olio su tela, raffiguranti scene della vita di Gesù di Serafino Tamburelli (Atri 1680-1750), della scuola di Francesco Solimena, che servirono da guida per le tele della Chiesa S. Domenico e che provengono dalla stessa Chiesa.
Al centro la grande Croce processionale in argento sbalzato e dorato, eseguita in Atri, nel 1518 da Mastro Giovanni di Rosarno di Calabria. Pastorale dei primi del Quattrocento, di oreficeria gotica di derivazione francese, in argento sbalzato, cesellato e niello. Nelle vetrine é esposto un altissimo numero di pezzi di argenteria e oreficeria sacra che coprono un arco temporale che va dalla fine del Duecento alla prima metà del Novecento. Spiccano in una di queste vetrine, un pastorale in avorio intagliato fine XIII sec., usato dai primi vescovi atriani e un riccio di pastorale, sempre in avorio intagliato, in origine dipinto, con un agnello e un drago, risalente agli inizi del XIV sec.

La sala n. 9, contiene opere del primo novecento, scolpite dall’atriano Tommaso Illuminati, fratello dell’insigne umanista Prof. Luigi Illuminati, nato in Atri nel 1883 e che compì la sua maturazione artistica sotto il Ferrari e il Bazzani a Roma. Vi si notano pezzi in legno, bronzo e terracotta raffiguranti fiori, figure sacre e teste di personaggi. Tra queste: l’Annunciazione, altorilievo in noce del 1926, Contadino umbro, semibusto in bronzo del 1922.

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